Parafrasando il titolo del noto epico libro, vorrei ricordare che mi sono svegliato impauritissimo alle due e trenta stanotte: ho acceso la luce e ho visto tutto verde. Poi l'ho spenta di nuovo ed ho continuato a dormire. Non ricordo l'incubo ma so essere davvero pauroso. Il sogno grande successivo si è svolto tutto insieme anche se manca il preambolo. Con una auto, che prima era un monopattino, mi dirigevo col mio amico Iv* alla ricerca di un professore ignoto di un ospedale, verso quello che era il quartiere residenziale dove egli abitava, nella mia Città. Siamo entrati in una stradina molto stretta (solo per un'auto) completamente fatta di mattoncini ocra sia per terra che sulle pareti, molto alte. Ogni tanto c'era uno slargo in cui, se arrivava un'altra automobile, si poteva passare purché una delle due accostava a lato; ogni tanto un'albero striminzito. Non si riusciva a vedere oltre le mure ma sapevo che ci dovevano essere delle bellissime case senza nessuno che vi abitasse. Al primo (o forse al secondo) slargo abbiamo accostato la macchina e siamo scesi, tentando di comprare in un negozietto, nascosto nel muro e scorto in ultimo, alcune cose da mangiare per portarle a casa del professore. Iv* ha preso un'anguria molto grande, quasi quanto un'otre, ponendola dentro un sacco di juta liscio, grigio. E' uscito il gestore del negozio che ci ha detto che avrebbe pensato lui a sistemare l'anguria, così ha tolto la buccia e tutta la polpa rossa (sempre grande quanto un'otre), l'ha posta dentro un enorme sacco di carta, con un vassoio di cartone sul fondo. Siccome colava io e il mio amico ci siamo sbrigati ad andarcene ma, non trovando il professore, ci siamo detti che saremmo andati ad una festa, visto che si stava facendo sera. A piedi siamo tornati indietro, poiché l'auto in realtà si era trasformata in una bicicletta e siamo arrivati all'inizio della via stretta trovando due torri costruite per un mega-party rave: una era scura e fatta di ferro, riservata agli uomini e l'altra era tutta rosa e riservata alle donne. Mentre Iv* scompariva fra la gente con le cose da mangiare e la bustona contenente l'anguria io decido di salire sulla torre per i maschi. Per entrare bisognava essere completamente nudi e arrampicarsi fino a circa venti metri da terra ed entrare attraverso una porta con il rischio di cadere di sotto. Io provai, altri si stavano arrampicando, ricordo i corpi tra il rosa e color carne visti da dietro, non molto regolari con il sedere grabnde quanto lo stesso tronco del corpo. Arrivato alla porta mi sono appeso ad un'asta a mo' di traversa e mi sono dondolato, nel tentativo di entrare. Per sicurezza avevano previsto alcuni uomini con delle funi per evitare che si cadesse di sotto. Feci quella manovra lanciandomi e ci riuscii. Entrato dentro ero arrivato terzo in quella che era una gara di sei. All'interno c'erano tante luci e sei predelini su un tavolo sui quali dovevamo stare poiché alla fine ciascuno sarebbe stato premiato e avrebbe proiettato un video con un proiettore posto ciascun sedile. Non c'erano teli sui quali proiettare alcun video ma enormi finestrate. Io mi arrampicai e intuii che gli altri arrivati erano tutti gay: infatti era un locale gay al quinto piano della torre. Una volta montato sul mio posto sopra il tavolo, sentii che era barcollante e caddi in avanti senza farmi male e salvando dalla caduta il proiettore stesso e il sedile. Tutti mi guardavano ed io dissi: "Non preoccupatevi: non è successo nulla!". Altra gente stava entrando dalla porta: il locale non era pieno e, dall'alto, le ampie vetrate facevano solo sentire rumori di persone poiché non si vedeva nulla in quanto notte o, meglio, si scorgeva qualcosa di sotto, come un idefinito paesaggio brullo. Elementi coscienti: la visita eseguita ieri dal professore di ortopedia (un signore sui sessanta che mi è sembrato vecchio stampo e che, alla fine, ha consigliato un ciclo di dieci terapie di 50 euro ciascuna); ho incontrato Iv* a Ikea ieri sera che mi ha detto una novità positiva di un problema serio; è arrivato il catalogo della D-Mail con un attrezzo capace di pelare un melone. Sono sicuro di aver visto dall'alto, nel sogno, il paesaggio del territorio dove non dovrei andare mai.
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