Inutile aspettarsi la storia di Mosè da Romeo Castellucci. Piuttosto l'esaltazione del concetto che il personaggio rappresentò e rappresenta tuttora: Mosè come speranza per il futuro, come passaggio dalla vita animale a quella umana, attraverso la macchina che trita le apparenze, forse Dio. Il velo di Maia steso sottilissimo innanzi al palco e sul quale passano versetti biblici alla fine è la tela del primo uomo (anzi della prima donna) che disegna se stessa scoprendo l'arte, vera natura umana disgelata e nuovo inizio. La separazione tra l'essere primitivo non razionale all'essere che chiede aiuto: l'uomo moderno. Fu generato davvero nello spettacolo il bambino Mosè? O era una rappresentazione di una anonima madre costretta a partorire in un fetido bagno e ad abbandonare in un cassonetto il nascituro? Questo è il legame da considerare: la disperazione assoluta, cosmica, dell'abbandono e della perdita vista oggi e nella pre-storia. Poco importa se il titolo richiama un gospel americano ché si rifà al versetto di Esodo 5:1 oppure se era un sogno/intrusione dimensionale di una malata che esegue la TAC. L'importante - come nella scena dell'interrogatorio al commissariato o nella sublime rivisitazione dell'alba dell'uomo - è che la madre stia in silenzio.
mercoledì 14 gennaio 2015
venerdì 3 ottobre 2014
Pasolini, il film.
Forse è solo applicando la regola del rasoio di Occam che ci spieghiamo la morte di Pasolini attraverso il film di Ferrara (Abel, non sia mai quell'altro). L'evidenza è sotto gli occhi vigili della macchina da presa che riesce a raffigurare l'Idroscalo come la mia fantasia ha sempre suggerito a me che non sapevo spiegarmi perché fosse morto il più grande poeta della mia epoca. Una banale lite di balordi nei confronti di un uomo che era con un altro uomo. Tutto qui. Pelosi poi avrebbe confermato come era andata, che Pasolini era ancora vivo presumibilmente se non lo avesse investito con l'auto sulla quale stava fuggendo. Noi poi cosa potremmo mai sapere oltre? Un gioiellino i film nel film con Ninetto Davoli che interpreta il personaggio principe dell'ultima opera che avrebbe voluto realizzare, quasi un coronamento della sua carriera averla recitata come forse l'avrebbe fatto se solo avesse potuto farlo. Lui sale le scale per raggiungere un inesistente Paradiso con accanto l'attore che impersona lo stesso Ninetto. Convincente Willem Defoe (in alcuni tratti davvero impressionante la somiglianza anche delle rughe) ma non so ancora se la voce di Gifuni che lo doppia mi abbia infastidito o no. Mi sa che stanotte non dormo.
mercoledì 1 ottobre 2014
Breve ma intensa vita di 'Til Tuesday e della sua cadillac rosa
"Il mio programma di esperimenti in pratica trasforma i debosciati, i cosiddetti invertiti, le frocione insomma, in uomini veri. Maschi dalla pelle perfetta in grado di adempiere alle loro mansioni da maschi, ridonare al mondo finalmente quella virilità di cui ha bisogno, di cui tutti noi abbiamo bisogno, vero Felice?" "Vero, barone" "Non capisco, barone, intendete dire che le vostre macchine trasformano i gay in etero?" "Certo! E, credetemi, prediligo i bei corpi, io. Ma, si sappia, il mio è un intento puramente scientifico..." ed entrammo in un camerone con molte cellette in cui venivano fuori delle voci sommesse "No, barone, la prego, mi lasci così, io amo i maschiii..." "Non voglio tornare a parlare di donne e motoriiii..." "Non voglio odorare di nuovo la bernardaaa..." e così via. Improvvisamente una mano si aggrappò alle vesti del barone "Barone, la prego, lasciatemi così come sono" "Totti? Che mi venga un colpo!" dissi e riconobbi Inzaghi, Batistuta, addirittura Alberto Tomba in un angolo che ciucciava un calzino del compagno. Tutti ridotti in lagrime e in catene "Maledetti frocioni! Lo capite che il mondo non vi vuole così? Vi vuole veri uomini!" Ero senza parole "Che vuol fare barone?" dissi "Felice, prendi questo qui, ci servirà per il nostro primo esperimento! Vedrà conte!" e Metenculo prese di brutto Totti trascinandolo sotto una macchina stranissima "Nooo! Per pietà, nooo!" Dovevo fare qualcosa.[...]
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domenica 8 giugno 2014
I capolavori: "Le meraviglie" di Alice Rohrwacher.
Spoiler: attenzione! Se continuate a leggere potreste scoprire la trama del film.
Il film Le meraviglie di Alice Rohrwacher che ho visto al cinema ieri sera è il racconto dell'unico destino che può avere una casa di campagna, ridotta a pezzi e morente nella campagna. Questa è l'unica interpretazione del film poiché la storia apparente è quella di una famiglia dei nostri tempi o degli anni Ottanta costituita da un padre tedesco che parla male italiano e una madre francese che parla tedesco e italiano e delle loro quattro figlie: hanno scelto l'abbandono della civiltà e del mondo moderno a favore del duro lavoro campagnolo. E' la storia della primogenita di queste, Gelsomina, e della sua amena vita tra la cura delle api con il padre e la vita agreste e delle sue prime pulsioni di allontanamento da quella vita dura e sempre uguale, afflitta dalle insofferenze della madre a proposito del padre. Compare ad un certo punto un ragazzo tedesco che non parla mai e che invece sa fischiare. Gelsomina, attratta dal giovane nel suo primo impulso giovanile ma soprattutto fiduciosa che partecipare ad un programma televisivo di provincia (la storia si svolge nelle campagne della Tuscia) potrebbe ribaltare le avverse sorti economiche della sua famiglia, fa scomparire il giovane sull'isoletta del lago dove si svolge la trasmissione, facendo arrabbiare - ma anche preoccupare - il padre. Apparentemente si conclude con la rappacificazione dei due: Gelsomina sembra tornare a casa e trova tutti a dormire in un letto fuori casa: il padre le dice che c'è posto anche per lei. Ma è solo un'apparenza: la camera ruota nel visualizzare la campagna e al posto del letto c'è una rete vuota e tutto è scomparso, la gente, le cose che avevano contraddistinto la vita di quelle persone, come fossero mai esistite. Ecco qui il salto della regista: non sono loro ad essere importanti ma è la casa, che rimane la stessa svuotata delle suppellettili, con le camere vuote e una tenda lacera che svolazza. Era un sogno? Era il sogno della casa. Da sottolineare la grande bravura (una volta tanto) di Monica Bellucci nella parte della presentatrice di una televisione privata che introduce il concorso dal quale viene fuori una piccola scena deliziosa: Gelsomina che duetta con il giovane tedesco il quale, mentre fischia, fa sì che dalla bocca della giovane escano - vive - delle api.
Il film Le meraviglie di Alice Rohrwacher che ho visto al cinema ieri sera è il racconto dell'unico destino che può avere una casa di campagna, ridotta a pezzi e morente nella campagna. Questa è l'unica interpretazione del film poiché la storia apparente è quella di una famiglia dei nostri tempi o degli anni Ottanta costituita da un padre tedesco che parla male italiano e una madre francese che parla tedesco e italiano e delle loro quattro figlie: hanno scelto l'abbandono della civiltà e del mondo moderno a favore del duro lavoro campagnolo. E' la storia della primogenita di queste, Gelsomina, e della sua amena vita tra la cura delle api con il padre e la vita agreste e delle sue prime pulsioni di allontanamento da quella vita dura e sempre uguale, afflitta dalle insofferenze della madre a proposito del padre. Compare ad un certo punto un ragazzo tedesco che non parla mai e che invece sa fischiare. Gelsomina, attratta dal giovane nel suo primo impulso giovanile ma soprattutto fiduciosa che partecipare ad un programma televisivo di provincia (la storia si svolge nelle campagne della Tuscia) potrebbe ribaltare le avverse sorti economiche della sua famiglia, fa scomparire il giovane sull'isoletta del lago dove si svolge la trasmissione, facendo arrabbiare - ma anche preoccupare - il padre. Apparentemente si conclude con la rappacificazione dei due: Gelsomina sembra tornare a casa e trova tutti a dormire in un letto fuori casa: il padre le dice che c'è posto anche per lei. Ma è solo un'apparenza: la camera ruota nel visualizzare la campagna e al posto del letto c'è una rete vuota e tutto è scomparso, la gente, le cose che avevano contraddistinto la vita di quelle persone, come fossero mai esistite. Ecco qui il salto della regista: non sono loro ad essere importanti ma è la casa, che rimane la stessa svuotata delle suppellettili, con le camere vuote e una tenda lacera che svolazza. Era un sogno? Era il sogno della casa. Da sottolineare la grande bravura (una volta tanto) di Monica Bellucci nella parte della presentatrice di una televisione privata che introduce il concorso dal quale viene fuori una piccola scena deliziosa: Gelsomina che duetta con il giovane tedesco il quale, mentre fischia, fa sì che dalla bocca della giovane escano - vive - delle api.
martedì 11 marzo 2014
La pietra dell'Unità
(Post recuperato del 1 Aprile 2013)
Ormai non faccio altro che sognare innumerevoli volte a notte e raramente ricordo tutte le decine di sogni fatti. Il mio Guardiano dei Sogni assolve il suo compito egregiamente. Voglio scrivere brevemente del sogno fatto stamattina fra le 7:30 e le 8:40. Mi trovavo nella Città Immaginaria in giro per grandi centri commerciali e accompagnavo in aeroporto un mio amico, forse Antoine Auden ma forse anche RoBo stesso. Salto sulla descrizione spettacolare dei luoghi perché è veramente impossibile descriverla: immensi corridoi in acciaio e tante persone diverse e rumori non assordanti e negozi con articoli mai visto; in uno di questi ho visto dei nuovi giocattoli Playmobil. In una vetrina mi accorgo che al posto dei giornali ci sono delle pietre con degli anelli che hanno un mini altoparlante: le notizie vengono dettate o narrate. Uno di questi riconosco essere L'Unità ma costa 167 euro. Un po' troppo per me ma vendono anche mini anellini a meno, ciascuno con un argomento. Voglio decidermi a comprarne uno ma sento che sta arrivando l'aereo e mi sveglio.
Ormai non faccio altro che sognare innumerevoli volte a notte e raramente ricordo tutte le decine di sogni fatti. Il mio Guardiano dei Sogni assolve il suo compito egregiamente. Voglio scrivere brevemente del sogno fatto stamattina fra le 7:30 e le 8:40. Mi trovavo nella Città Immaginaria in giro per grandi centri commerciali e accompagnavo in aeroporto un mio amico, forse Antoine Auden ma forse anche RoBo stesso. Salto sulla descrizione spettacolare dei luoghi perché è veramente impossibile descriverla: immensi corridoi in acciaio e tante persone diverse e rumori non assordanti e negozi con articoli mai visto; in uno di questi ho visto dei nuovi giocattoli Playmobil. In una vetrina mi accorgo che al posto dei giornali ci sono delle pietre con degli anelli che hanno un mini altoparlante: le notizie vengono dettate o narrate. Uno di questi riconosco essere L'Unità ma costa 167 euro. Un po' troppo per me ma vendono anche mini anellini a meno, ciascuno con un argomento. Voglio decidermi a comprarne uno ma sento che sta arrivando l'aereo e mi sveglio.
Pater
Sognato mio padre di mattina presto. Ero al telefono con lui, la sua voce era nervosa. Ricordo che doveva prendere un aereo o forse fare un viaggio ma non faceva in tempo ed io mi sono intristito. Oggi tutto il giorno stato male.
lunedì 20 gennaio 2014
Fulmini e lupo mannaro
Mi accorgo che sono riusciti a scassinare la mia auto e il vetro dalla parte del guidatore è in frantumi. Vado a controllare nel cassettoni che non abbiano preso le chiavi di casa e le ritrovo al loro posto. Mi trovo fuori casa di mio nonno, in campagna. Prendo queste chiavi e vado a casa di mio nonno ma mentre entro noto che molte persone stanno entrando nell'attiguo locale delle fontane. C'era una lunga fila di gente che entrava e usciva. Mi avvicino anch'io e vengo a sapere che mio zio Domenico è morto e si trova adagiato lì, sopra ad una lastra di marmo. Entro e lo trovo riverso a faccia in su, morto. Me ne dispiaccio moltissimo ma non mi sveglio, nonostante il dolore che provo. Una volta uscito mi viene incontro una ragazza; credo di conoscerla ma non ne sono sicuro, mi sembrava del nord Europa. Mi dice di accompagnarla verso il bosco di pini. Ora l'esterno del piazzale della casa di mio nonno cambia e ci sono molti alberi di pino marittimo altissimi, immensi. Comincia a piovere e dico alla ragazza di non metterci sotto gli alberi per via dei fulmini. Inizia a grandinare ed io sono preoccupato poiché prevedo tempesta. Raccolgo un chicco di grandine ghiacciato grande quanto una pallina da golf e lo mostro alla ragazza. Lei comunque non se ne preoccupa nonostante inizi a piovere ancora più violentemente. Mi accompagna dentro il bosco di pini ed io tempo che da un momento all'altro arrivi un fulmine. Guardo in alto verso il buio delle fronde e sono colto da un lampo accecante e capisco che un fulmine ha colpito la sommità degli alberi. Un grosso tronco cade e viene verso di noi e si ferma a pochi centimetri dalla mia faccia, con il tronco fatto a punta, come un paletto gigantesco, Chiudo gli occhi e mi ritrovo essere una grande testa di lupo. Non so come ma il mio fantasma prende questa testa di lupo e incide con i denti due ferite in due bei ragazzi che si avvicinano. Quelli, spaventati poiché capiscono di poter diventare a loro volta lupi mannari, fanno per avventarsi contro di me ma io gli dico che sono un fantasma e quelli non possono fare nulla. Allora si rivolgono alla ragazza di prima e, strappandomi di mano la mia stessa testa di lupo, con i denti la feriscono sui due seni. Mi sveglio e la giornata è pessima e piove a dirotto. Elementi razionali: dei vetri a pezzi di un finestrino di una auto presumibilmente rotti da un ladro sotto casa di mia madre ieri e il fatto che sto scrivendo un piccolo corto teatrale che ha a che fare con una lupa mannara.
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