Questa è una delle rare volte che non riesco affatto a comprendere un mio sogno; per assurdo che sia, in genere riesco a dimenarmi nelle volte della mia mente. Tuttavia stamattina, prima di svegliarmi alle 6:45, ho fatto questo sogno: il luogo è un terreno quasi incolto ma che non è quello solito di mio nonno. Eravamo io e mio padre seduti presso un albero e pioveva. So di essere arrivato in quel luogo alla fine di un altro lungo sogno ma non lo ricordo. Mentre piove mi accorgo di un grande cespuglio accanto coperto da una di quelle tele bianche che dovrebbero proteggere durante l’inverno le piante, tipo i limoni o i cactus. Ebbene, io e mio padre ci alziamo e gli indico alcuni rami sovrastanti che sarebbero da tagliare. Mio padre (il quale non ha mai parlato in alcun sogno fatto con lui da quando è morto e cioè da venticinque anni) dice: “Quando i fili di pietra smettono di cadere” e io, che non riesco a capire, mi sveglio di soprassalto e rimango qualche secondo a tentare di interpretare le sue parole. Quando lui dice la frase mi accorgo in quell’istante di vedere i rami sopra di me e l’acqua che scroscia cadendo da essi e - sempre in un istante - mi chiedo se le gocce di pioggia non siamo i fili di cui lui parla. Quali collegamenti con la vita reale? Domenica pomeriggio Flavio e mio nipote sono andati da Rossella per potarle le piante nel grande balcone di casa sua e lei aveva ricoperto con quella tela bianca leggera i vasi con le succulente durante tutto l’inverno, come nel sogno era coperto il cespuglio. Una cosa a cui non avevo pensato: nel sogno non mi avvicino a quel cespuglio ricoperto poiché credo sia una tela prodotta da ragni, che però non vedo. Eppoi, perché “di pietra”? Forse che l’acqua (che io filtro in casa per bere) ritengo sia di base calcarea? Però l’acqua della pioggia è quasi distillata. La mappa onirica non indica alcun collegamento con altre mappe, anzi mi sembra quasi smembrata, come fosse a sé, circoscritta. Oggi ho intitolato un mio libro d’artista come il titolo di questo post.
martedì 2 marzo 2021
lunedì 8 febbraio 2021
Nino Taranto e la colla delle scarpe
Nel sogno noto che le mie scarpe nere si stanno per scollare e me ne vergogno perché devo andare all’Università o a un corso e temo che gli altri studenti le notino. Chiamo al telefono mia sorella chiedendole se mi compra la colla Artiglio e mi dirigo verso un palazzo, dopo aver parcheggiato la macchina ad un fast food. Incontro Rob il quale mi prega di accompagnarlo al Ministero dove lavora: è un militare e siamo vestiti tutti e due da militari, io per non dare nell’occhio, poiché non potrei entrare con lui. Lo ricevono due suoi amici commilitoni, un uomo e una donna: Rob lavora all’estero e quindi il suo posto viene conservato ma non c’è necessità che lui vada al Ministero. Non so quali affari sbrighi con i suoi amici e di cosa discutano ma io sono preoccupato perché il colonnello nell’altra stanza potrebbe scoprirci e difatti entra e subito mi chiama chiedendomi chi fossi. Mi interrompe uno dei due amici du Rob che dice essere ora di andare via e il colonnello li libera tutti tranne me poiché gli servo per una cosa. Rispondo “Signorsì maresciallo!” Ma volevo dire “colonnello” e lui si rivolge a me dicendo “Lo so che sei stanco ed è ora di andare via ma ti detto una lettera urgentissima, pertanto vai alla macchina da scrivere”. Mentre lo guardo mi accorgo che si tratta di Nino Taranto. Intanto gli altri tre se ne sono andati e, nel frattempo, ricevo un messaggio di Rob che mi scrive di sbrigarmi a tornare a casa perché verrà anche Claudio a trovarci. Il colonnello detta una lettera ma non riesco a capire cosa dica, per cui scrivo parole a caso, senza senso, le sottolineo con l’evidenziatore giallo e con la penna rossa. Una volta che ho completato gli porto il foglio ma non lo trovo. Mi sento chiamare da lui fuori la finestra: da due rampe di scale di marmo a semicerchio sta scendendo quella di destra con indosso un vestito di velluto rosso. Mi presenta alcune persone che si trovano sulla rampa di sinistra ma le ignoro completamente (nel frattempo mi sono tolto la divisa). Gli porgo il foglio e mi ringrazia. Lo saluto e salgo le scale ritrovandomi su altre scale, assieme a tanta gente che sale come me per almeno due rampe di piano, visitando stanze vuote di mobili ma piene di stucchi bianchi stile impero. Guardo ogni stanza, ogni particolare e finestra e dico a me stesso dove sia l’uscita; scorgo da dietro una porta-finestra con le persiane semichiuse la strada. Lascio perdere le altre persone che stavano iniziando a dirmi dove uscire e finalmente vedo la luce ma mi ritrovo in alto rispetto a dove eravamo prima e mi chiedo dove sia la macchina. Intravedo però il parcheggio del fast food e mi dirigo da quella parte. Mentre mi domando con molta ansia a che ora arriverò a casa perché devo andare a prendere la colla da mia sorella, arriva una telefonata di Rob che dice: “ Ma qui a casa improvvisamente un gufo ha iniziato a parlare! Ci siamo spaventati molto il e Claudio, tu ne sai niente?”, io però non rispondo e continuo a cercare la mia auto sempre più preoccupato del fatto che ancora non so quando arriverò a casa.il sogno è stato faticoso e lungo, avvenuto verso le 5 del mattino. Elementi razionali del sogno: ho notato al mattino che davvero le mie bellissime scarpe di cuoio nero e pelle di struzzo si stanno leggermente scollando; il gufetto che si trova sopra al divano e che avevo messo a posto di pomeriggio, di peluche, non ha la facoltà di parlare; avevo fatto vedere a Ross come si individua la macchina parcheggiata con l’app di Mappe perché ho sempre il terrore di dimenticare dove sia.